Matrimonio:Eucarestia realizzata
Gli “sposi nel Signore”, in virtù della grazia del sacramento del matrimonio e per il dono dell'amore effuso nel loro cuore dallo Spirito Santo (Familiaris consortio 13), sono resi capaci di amarsi non solo di amore coniugale naturale ma di un amore che si caratterizza come carità coniugale. Questa carità, secondo la Familiaris consortio, <è il modo proprio e specifico con cui gli sposi partecipano e sono chiamati a vivere la carità stessa di Cristo che si dona sulla croce . La loro reciproca appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa. Gli sposi sono pertanto il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce , simbolo reale dell'evento della salvezza, ma a modo proprio, in quanto sposi, in due, come coppia > (FC 13).
Ciò che è accaduto sulla Croce, noi, oggi, lo celebriamo nel mistero dell'Eucaristia, sacramento dell'Agape, sacramento del “grande mistero” sponsale di Cristo e della Chiesa e dell'uomo e della donna in quanto “Una sola carne! A questo proposito devono farci riflettere le significative ed innovative affermazioni di Giovanni Paolo II nella Lettera alle Famiglie, dove, meditando sul “grande mistero” (Ef 5, 32) così scriveva: “Non si può comprendere la Chiesa come Corpo mistico di Cristo, come segno dell'Alleanza dell'uomo con Dio in Cristo, come sacramento universale di salvezza, senza riferirsi al "grande mistero", congiunto alla creazione dell'uomo maschio e femmina ed alla vocazione di entrambi all'amore coniugale, alla paternità e maternità. Non esiste il "grande mistero", che è la Chiesa e l'umanità in Cristo, senza il "grande mistero" espresso nell'essere "una sola carne" (cfr Gn 2, 24; Ef 5, 31 - 32), cioè nella realtà del matrimonio e della famiglia. La famiglia stessa è il grande mistero di Dio. Come "chiesa domestica", essa è la sposa di Cristo. La Chiesa universale, e in essa ogni Chiesa particolare, si rivela più immediatamente come sposa di Cristo nella "chiesa domestica" e nell'amore in essa vissuto” (n. 19).
L'Eucaristia, dunque, si pone nella logica della sponsalità che è il modo di relazionarsi di Dio-Amore-Sposo che altro non brama che unirsi, in Cristo, alla sua Sposa: la Chiesa, l'umanità, ogni sua creatura, ogni coppia di sposi che fa del dono sincero, totale e reciproco di sé l’ideale della propria esistenza.
A loro volta, gli sposi, mediante la testimonianza della loro carità coniugale e familiare, nutriti dell'Eucaristia, riprodurranno al vivo questo mistero grande dell'Amore. Quindi, anche loro, come sposi e famiglia, renderanno sempre più visibile il mistero di cui sono simbolo e partecipazione reale: il grande sacramento del "pane spezzato" e del "sangue versato", solo per amore.
L'Eucaristia, che è la Carità fatta carne, come “fa” la grande Chiesa, così “fa” la . La coppia-famiglia, a sua volta, nella misura in cui si vive come “chiesa domestica” - per il dono dello Spirito, Persona-dono, - “si fa” Eucaristia al suo interno e per gli altri.
Nel mistero eucaristico, sorgente di carità[3], la carità coniugale e familiare trova le sue radici e ragioni più profonde, il suo costante alimento.
Nel mistero eucaristico la coppia-famiglia scopre e riscopre di continuo il mistero della sua comunione, la sua vera identità, la sua vocazione, la sua specifica missione:custodire, rivelare e comunicare l'amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell'amore di Dio per l'umanità e dell'amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa (Familiaris consortio ).
In questa prospettiva, possiamo affermare che gli sposi e l'intera comunità familiare sono chiamati a diventare ciò che sono: comunità eucaristica. E cos'altro è (e deve diventare!) la famiglia, definita dal Concilio “intima comunità di vita e d'amore” (GS 48), se non un'autentica comunità eucaristica mediante l'amore reciproco modellato su quello di Cristo Signore?
Mi sembra che l'apostolo Giovanni stabilisca proprio un rapporto diretto tra la carità di Cristo e la carità dei cristiani, in particolare degli “sposi nel Signore” che, come Cristo, sono chiamati ad essere eucaristia: "Da questo - afferma Giovanni - abbiamo conosciuto l'amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli" (1Gv 3, 16).
Gli sposi, col consenso coniugale, non hanno fatto delle loro persone un dono di sé, sincero, libero, totale, reciproco e per tutta la vita?
Possiamo concludere che per gli sposi - anche se non solo per loro, evidentemente, - il mistero eucaristico diventa una scuola di amore attivo attento alla dignità, al rispetto, alle necessità e alle sofferenze di ogni componente la comunità coniugale e familiare.
Una comunità coniugale e familiare che coltiva l'autentico senso eucaristico non può che essere una comunità sensibile, aperta e attenta ai bisogni di altre persone, coppie e famiglie.
La comunione e l'adorazione eucaristica, se autentiche, non possono non portare alla diaconia della carità, cioè all’autentico e gratuito servizio che è la carità! E, questa, proprio perché vera e consapevole carità, porta alla sua fonte: l'Eucaristia.
Per il Grande Papa Giovanni Paolo II, la partecipazione all'Eucaristia "Rivela all'uomo che la sua grandezza, e quindi la sua vocazione, consiste nel dono sincero di sé. Proprio perché viene versato come dono di vita, il sangue di Gesù non è più segno di morte, di separazione definitiva dai fratelli, ma strumento di una comunione che è ricchezza di vita per tutti. Chi nel sacramento dell'Eucaristia beve questo sangue e dimora in Gesù (Gv 6, 56) è coinvolto nel suo stesso dinamismo di amore e di donazione di vita, per portare a pienezza l'originaria vocazione all'amore che è propria di ogni uomo".
Ciò vale in modo tutto particolare per la vocazione degli sposi chiamati ad essere , una sola carne, “unità dei due”e, per la carità coniugale e con il modo a loro proprio, sacramento dell'Amore per la Vita nel mondo e del mondo, in attiva attesa della piena e definitiva Comunione…