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La famiglia: altare vivente del banchetto eucaristico.

La piccola barca della famiglia cristiana vive l’ardua missione di solcare il mare in tempesta dell’attuale contesto storico provocato dai venti e dalle onde dell’individualismo, dell’egoismo e dell’egocentrismo. Al di là delle discussioni, pur importanti, relative alla revisione della legge sul divorzio, all’affido condiviso, al c.d. turbo-divorzio (proposta Ds di ridurre a un anno i tempi per divorziare), credo che si debba tornare all’origine della questione: il cuore e la mente dei futuri sposi cristiani come giungono di fronte all’altare di Dio? Quale consapevolezza hanno del sacramento che stanno per ricevere? Sono coscienti che il sì che pronunciano è un prolungamento del sì di Maria Vergine? E’ un’eco del sì che Gesù rivolse al Padre? E’ un riflesso del sì eucaristico? La famiglia cristiana per essere se stessa ha bisogno di assaporare i profumi di grazia della casa di Nazaret; ha bisogno di respirare l’aria pulita della montagna di Dio, dove si incontra il roveto ardente dell’Eucaristia.
I fidanzati prima e gli sposi poi sono chiamati a togliere i calzari dell’individualismo, dell’egoismo per contemplare il mistero del roveto ardente che brucia, ma non si consuma, e lasciarsi, così, illuminare e toccare da esso, affinché essi stessi diventino roveti ardenti d’amore, diventino eucaristie viventi.
Il Concilio Ecumenico Vaticano II ci insegna che “alla Eucaristia deve ispirarsi qualsiasi educazione allo spirito comunitario” ; pertanto, all’Eucaristia deve ispirarsi la vita familiare. Solo ponendosi alla scuola dell’Eucaristia la famiglia potrà accogliere l’invito di Giovanni Paolo II: “Duc in altum”, “prendi il largo”! Solo così la famiglia potrà prendere il largo nel mare della storia e raggiungere il porto della beatitudine evangelica, evitando di naufragare sugli scogli dell’egoismo, dell’individualismo e dell’egocentrismo. Ma cosa significa porsi alla scuola dell’Eucaristia? Significa trasformare la vita familiare in un altare vivente del banchetto eucaristico accogliendo, da parte degli sposi, tre lezioni fondamentali dell’Eucaristia.
La prima lezione è il perdono. Tanto più essi saranno disposti a chiedere sinceramente perdono e ad accogliere il perdono dell’altro, quanto più diverranno una cosa sola, e la famiglia sarà come “la casa del Padre”, in cui si celebra la festa del perdono. Per poter vivere questa festa, passaggio fondamentale è quello di scoprire, accogliere e sperimentare la cortese misericordia divina. Sì la cortesia del perdono divino. Nella parabola del figliol prodigo, vediamo il Padre, che, commosso, corre incontro al figlio ritrovato, lo abbraccia, lo bacia, lo veste elegantemente (con le vesti più belle), lo riabilita pienamente, lo integra nella famiglia a pieno diritto, organizzando un grande banchetto, una grande festa. Quale bellezza manifesta il volto misericordioso di Dio Padre! Quale cortesia svela il Suo perdono!
La seconda lezione che ci viene data dal banchetto eucaristico è l’ascolto della Parola di Dio. Giovanni Paolo II, nella lettera apostolica “Novo millennio ineunte”, afferma che da sempre una tentazione insidia ogni cammino spirituale: quella di pensare che i risultati dipendano dalla nostra capacità di fare. Certamente Dio ci chiede una reale collaborazione alla sua grazia. Ma guai a dimenticare che “senza Cristo non possiamo far nulla” (cfr. Gv 15,5). La preghiera ci fa vivere questa verità. Essa ci ricorda costantemente il primato della vita interiore e della santità. Per cogliere il grande valore delle parole del Santo Padre, la famiglia deve vivere l’esperienza dei discepoli nell’episodio evangelico della pesca miracolosa: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla” (Lc. 5, 5). E’ quello il momento della fede, della preghiera, del dialogo con Dio, per aprire il cuore all’onda della grazia e consentire alla Parola di Dio di passare attraverso di noi con tutta la sua potenza.
Fu Pietro in quella pesca a dire la parola della fede: “Sulla Tua parola getterò le reti”. Sappiamo che, dopo tale atto di fede sulla parola del maestro, presero una quantità enorme di pesci a tal punto che le reti si rompevano. Ciò ci dice, che il primato della santità e della preghiera è concepibile solo a partire dall’ascolto della Parola di Dio. E’ necessario, pertanto, che l’ascolto della Parola di Dio diventi un incontro vitale nella vita della famiglia. Il terzo grande insegnamento che riceviamo dall’Eucaristia è essere pane spezzato per gli altri. Qui troviamo il cuore e l’apice della vocazione matrimoniale. I coniugi hanno come vocazione, infatti, proprio quella di offrirsi totalmente l’uno all’altro nella verità e nell’amore di Dio, vivere per l’altro, essere fedeli fino in fondo, anzi fino in cima, all’altro; in altri termini i coniugi sono chiamati a farsi eucaristia l’uno per l’altro, per essere insieme pane spezzato per i propri figli e per il prossimo. Questo costituisce il più bel regalo che i genitori possono fare ai figli. Madre Teresa di Calcutta, parlando della famiglia, diceva proprio che non vi è regalo più bello che i genitori possono fare ai figli se non quello di volersi veramente bene. Il farsi eucaristia esige anche uno stile che caratterizzi le relazioni familiari: la cordialità e la fiducia reciproche. Cordialità è una parola composta da due parole, cor-dialità e significa dare il cuore all’altro. La stessa etimologia di cordialità è presente nel verbo credere, cor-do, dare il cuore, mettere il cuore su qualcosa, su qualcuno.
Cordialità e credere, quindi, significano mettere il cuore nell’altro, donare il cuore all’altro. Esse sono come due sorelle che devono sempre accompagnare le relazioni e gli atteggiamenti di una famiglia, perché costituiscono la cornice essenziale dell’Amore di Dio. Se la famiglia accoglierà queste tre grandi lezioni eucaristiche sarà un sacramento perenne, un segno visibile che Dio è amore e che l’amore è la Verità. Se la famiglia sarà sacramento, allora sarà anche una benedizione perenne per gli altri. (Fra Stefano Vita)