La preghiera nella famiglia

Dall’attenzione abituale a cogliere i significati cristiani negli avvenimenti, lo sguardo di fede sfocia nel linguaggio della preghiera, cioè nel dialogo con il Signore.
L’educazione dei figli alla fede si apre così alla formazione al senso della preghiera. Bisogna insegnare loro il modo e lo stile cristiano di parlare con Dio.
La preghiera familiare ha una propria originalità che la contraddistingue da altre forme e trova nei genitori i maestri esclusivi.

a) La preghiera è una necessità
I genitori sono invitati a trasmettere:
- il bisogno della preghiera: cioè l’esigenza di rivolgersi al Signore;
- l’amore alla preghiera: cioè la gioia di poter parlare con il Signore, perché il pregare è un dono e un privilegio che egli concede ai suoi figli;
- la fede nel valore della preghiera; cioè la certezza che il Signore ascolta sempre le nostre preghiere.
Nessuna preghiera è inutile, ma ha sempre un grande valore in se stessa.
Dai genitori ai figli, più che le formule, devono imparare il senso, il bisogno, il valore della preghiera.

b) La preghiera è il respiro della famiglia
La preghiera scaturisce dagli atteggiamenti interiori con cui si vivono gli avvenimenti. Esiste il rischio di una preghiera astratta, impersonale, abitudinaria, forse anche noiosa, perché ripetitiva e quindi incapace di creare un autentico dialogo con Dio. In famiglia la preghiera ha bisogno del respiro della vita quotidiana, che la rende sempre nuova e diversa. Con l’aiuto dei genitori i figli imparano a dialogare con Dio prendendo spunto da una molteciplità di motivi che rendono la loro preghiera ogni giorno diversa per la tonalità che la ispira.

c) La famiglia è una chiesa che prega
I genitori adempiono la loro missione di messaggeri di Dio, se essi stessi per primi lodano il Signore. Non si può infatti far apprendere un linguaggio che non si parla. Per questo motivo la preghiera è sempre familiare, cioè scaturisce da tutta la famiglia, anche se questa, per ovvie ragioni, non può trovarsi sempre riunita.
È importante che chi prega si senta solidale con gli altri componenti della famiglia.
La famiglia è una chiesa che prega. È indispensabile trovare alcuni momenti in cui ci si riunisce insieme per pregare in famiglia.
Il messaggero è uno che convoca per fare assemblea. Tocca ai genitori riunire la famiglia in assemblea di preghiera. La preghiera è un elemento essenziale dell’educazione dei figli alla fede, anzi ne è un indice di verifica e di autenticità.

Il modo di annunciare il messaggio di Dio in famiglia
Non è possibile distinguere, in famiglia, tempi e momenti educativi secondo un calendario preciso di interventi e un programma di contenuti. In casa si educa attraverso le esperienze di vita, scoprendo in esse la presenza di Dio che ci parla. Nella famiglia l’educazione alla fede è una realtà di ambiente che corrisponde pienamente all’immagine educativa dei genitori che sono i messaggeri di Dio. La famiglia, come la Chiesa, dev’essere uno spazio in cui il vangelo è trasmesso e da cui il vangelo si irradia (EN 71).
I genitori sono messaggeri di un annuncio che nella vita di famiglia scopre molte occasioni per poter essere trasmesso. Il magistero della parola...in famiglia, è quanto mai semplice e spontaneo. Nasce infatti nei momenti più opportuni e vitali, per celebrare, ad esempio, il mistero di una nuova vita che si accende, per interpretare una difficoltà e insegnare a superarla, per aprire alla coerenza spirituale, per ringraziare Dio dei suoi doni, per creare raccoglimento di fronte al dolore e alla morte, per sostenere sempre la speranza (RdC 152).
È quindi impossibile schematizzare le occasioni e le circostanze. Forse è più importante descrivere gli atteggiamenti interiori che devono animare i genitori nell’adempiere la loro missione educativa.

La prontezza
I genitori non sono messaggeri qualunque di Dio pe ri figli, ma i primi (AA 11; LG 11). Questa priorità non è una semplice precedenza di tempo, per cui il padre e la madre sono gli educatori che avviano all’incontro con il Signore e poi affidano i figli ad altri giudicati più competenti e preparati. La qualifica di primi è da intendere in rapporto alla capacità significativa per la quale l’interpretazione dei genitori è fondaamentale perché è alla base di tutte le altre.
Mons. Angelo Roncalli, poi Papa Giovanni XXIII, scriveva ai suoi genitori: Quando sono uscito di casa verso i dieci anni di età, ho letto molti libri e imparato molte cose che voi non potevate insegnarmi. Ma quelle poche cose che ho appreso da voi in casa, sono ancora le più preziose e importanti: esse sorreggono e danno vita e calore alle molte altre che appresi in seguito, in tanti anni di studio e di insegnamento (Lettera ai genitori, 26 novembre 1930).
Per competenza significativa delle realtà di fede, i genitori non sono secondi a nessuno, anche se, necessariamente, è indispensabile poi inserirsi in altre comunità educative.

La vigilanza
Consapevoli di questa loro funzione prioritaria i genitori devono essere vigilanti. La vigilanza dei genitori è attenzione a cogliere tutte le occasioni favorevoli per introdurre in famiglia il discorso di fede e anche riflessione critica e liberatrice dai facili condizionamenti dell’ambiente e dei mezzi di comunicazione. È sensibilità nel recepire le possibili domande religiose nascoste nell’animo dei figli, lente a emergere per un comprensibile riserbo, soprattutto nei preadolescenti.
La vigilanza dei genitori non è precipitazione, fretta, imposizione, ma scaturisce dal senso di rispetto della storia personale di ogni figlio.
È quindi capace di attendere tempi opportuni piuttosto che anticiparli. Si ispira al senso della sapienza educativa che è dono dello Spirito.

La gioia
L’interpretazione di fede che i genitori desiderano trasmettere ai figli è un lieto annuncio. Il messaggero cristiano porta sempre belle notizie perché annuncia il vangelo. Non è giusto rimandare, ritardare o tenere soltanto per sé questa gioia: è necessario condividerla. Il dialogo di fede tra genitori e figli deve sempre avere la tonalità della gioia cristiana: una gioia pasquale da cogliere nella partecipazione al mistero della morte e della risurrezione del Signore.
Non si tace, quindi, il dolore, la sofferenza, la fatica, la morte, l’incomprensione, ma si offrono i criteri per interpretare tutto in chiave cristiana.
La lieta notizia è proprio questo sguardo nuovo, questa capacità di vedere con gli occhi stessi di Dio ogni situazione. È un’interpretazione che trova il suo punto di riferimento essenziale nella pasqua del Signore.
I genitori hanno il compito di leggere ogni realtà in chiave pasquale, particolarmente oggi in cui il male fa molto rumore e trova l’eco consenziente e scandalistica dei mezzi di comunicazione.
È necessario aiutare i figli a scoprire il bene, presente a volte in forme umili e nascoste.
Allora sarà più facile per loro pensare che veramente il Signore risorto è presente nel mondo e che con il suo Spirito è in azione per realizzare il progetto del Padre, cioè la salvezza di tutti.
L’accoglienza familiare del messaggio di Dio
Per poter far risuonare il messaggio di Dio nella famiglia è necessario preparare l’ambiente adatto. La dispersione a causa del lavoro, dello studio e di tutte le occupazioni extradomestiche favorisce uno scollamento tra le persone e una divisione di interessi che attentano all’unità della vita familiare anche nel suo aspetto religioso.
Ai genitori spetta il compito educativo di stabilire presupposti per l’accoglienza del messaggio di Dio. Ne indichiamo tre.

L’incontro personale
La famiglia deve apparire ai figli come l’ambiente in cui i contrasti si ricompongono nel dialogo reciproco, favorendo la crescita comune.
La casa è, infatti, il luogo dell’incontro personale dove ognuno si sente accolto per quello che è e non tanto per quello che compie.
Senza questo clima familiare, il messaggio di Dio, che contiene una proposta personale, rischia di ridursi a una verità religiosa o a una informazione catechistica, che non riesce a modificare la vita, perché la coglie solo superficialmente.
I genitori sono quindi chiamati a stabilire con i figli un rapporto umano ispirato alla fiducia, alla comprensione, all’amore, alla pazienza, perché in questi gesti risuona con particolare efficacia la parola di Dio.
In questo senso l’autoritarismo o il permissivismo dei genitori possono compromettere seriamente la relazione dei figli con Dio. È importante quindi che l’esperienza dell’amore dei genitori sia consapevole.
A questo proposito, don Bosco diceva: Bisogna che i figli non solo siano amati, ma che essi stessi conoscano di essere amati.

Il senso dell’accoglienza
Il messaggio di Dio, pur risuonando nella famiglia, deve avere un’eco umana e cristiana universale. Esso deve aprire necessariamente la famiglia agli altri.
Per questo i genitori educano i figli a condividere le necessità dei poveri e dei bisognosi non semplicemente per un motivo umanitario, ma cristiano, che vede negli altri persone amate dal Signore. La famiglia che accoglie veramente il messaggio di Dio apre la porta a tutti i grandi problemi che si agitano nel mondo. I figli vengono così sensibilizzati alla dimensione missionaria dell’annuncio cristiano, che deve far scaturire in essi la vocazione all’apostolato.

La serenità
Non è possibile ascoltare il Signore, comprendere il suo messaggio nel rumore, nell’agitazione, nella dissipazione.
In una casa dove i genitori non sanno trovare un momento di tranquillità, è difficile cogliere la voce di Dio che parla negli avvenimenti di ogni giorno. È indispensabile quindi stabilire un clima di pace, di serenità e di ordine, dove ognuno, prima di tutto, possa ritrovare se stesso e contemporaneamente scoprire il Signore.
Il passaggio dal rumore al silenzio è sempre una pacificazione ed è indispensabile all’uomo per scoprire lo spazio interiore dove Dio gli fissa l’appuntamento. È importante quindi educare i figli al senso della propria interiorità, che li rende liberi davanti alle pressioni dell’ambiente e li dispone meglio all’incontro con il Signore. La televisione, la radio, il mangianastri, il giradischi..., molte volte, tolgono alla famiglia lo spazio di silenzio che ogni giorno le è indispensabile. Viene così a mancare un tempo prezioso per se stessi e per Dio.

Conclusione
Dio invia in ogni famiglia i suoi messaggeri: sono i genitori. Con la loro vita e la forza della parola di Dio devono annunciare ai figli il lieto annuncio della salvezza. Questa salvezza è un dono in cui il padre e la madre devono credere, per trasmetterlo con amore, nella speranza che sia accolto con gioia dai loro figli.