LA FAMIGLIA E L'EDUCAZIONE RELIGIOSA
Tutta l’opera educativa è principalmente frutto di testimonianza, di risposte autentiche a precise domande e incarnazione di valori nelle improvvise e varie situazioni della vita, più che impersonale e autoritaria affermazione di leggi e di doveri.
Ma ciò vale, in senso tutto particolare, per la formazione religiosa e morale. Per questo, numerosi genitori si sentono incapaci a tale compito, mentre altri lo affrontano senza convinzione o, addirittura, lo trascurano, pur con grande amarezza.

La famiglia, primo luogo di esperienza religiosa
Tuttavia, la famiglia rimane sempre, in via normale, il luogo in cui il bambino fa la prima esperienza religiosa, positiva o negativa. Infatti, tutti sanno come, essendo innata in ogni uomo una certa "disponibilità" al senso di Dio, qualora venga a mancare una adeguata risposta a tale fondamentale esigenza, la sua esperienza umana resta incompleta. "L’esperienza religiosa, esperienza tipicamente umana, costituisce un aspetto irrinunciabile dell’educazione del bambino" (Orientamenti per le Scuole materne statali italiane, 1969, pag. 15).
È alla luce di tale principio psicologico che si deve affermare come, in pratica, ogni famiglia dà un’educazione religiosa, che sarà positiva o negativa. Il vuoto educativo non esiste.
I bimbi, poi, che sono stati battezzati, diventando figli di Dio e fratelli di Cristo nel mistero della rigenerazione operata dallo Spirito santo, hanno il diritto di ricevere un’educazione rispondente alla dignità che Dio ha loro donato, attraverso la domanda dei genitori e la mediazione della chiesa.
Trascurare l’educazione religiosa dei figli, in questo caso, è un mancare ad un grave dovere assunto nel giorno del battesimo.
Come vari possono essere i modelli di famiglia, oggi, così altrettanto diverso può essere il tipo e il livello dell’impegno educativo religioso. Senz’altro esso non potrà mai prescindere dalle esigenze personali dei bimbi e dagli essenziali contenuti della fede cattolica.
A tutti i genitori, che vogliono vivere l’impegno educativo religioso, sia pur tenendo conto delle molteplici e difficili situazioni della loro esperienza familiare, offriamo alcune fondamentali e semplici indicazioni, nella speranza di dare un aiuto.

Un clima di fede autentica e vissuta è la prima condizione indeclinabile per la crescita nella fede dei figli.
Non solo pratiche, preghiere, gesti, ma clima: anche il clima religioso, come quello naturale, non si identifica con nulla, ma è composto da tante cose visibili e invisibili.
Il clima di fede dà vita alla speranza e alla carità, che si traducono in dedizione, in umiltà, in attenzione, in servizio gli uni degli altri...
Così il bambino "respira", con l’aria della casa, la serenità, la disponibilità dei genitori, l’amore fra loro e verso di lui, l’accettazione, che diventano per lui fiducia in se stesso, possibilità di autonomia, di espressione personale.
Alle sue domande ingenue e profonde insieme, i genitori danno risposte altrettanto semplici e vere; nei loro atteggiamenti, in riferimento agli avvenimenti della vita quotidiana, egli impara a leggere i valori evangelici dell’ospitalità, del perdono, della comprensione, della gioia; nel loro volto e nei gesti austeri, soprattutto durante la preghiera, intuisce il segno della presenza di Dio, padre e signore, col quale egli stesso imparerà a dialogare sul loro esempio e con il loro aiuto.
Così, nella esperienza di ogni giorno, mamma e papà saranno per lui il "volto familiare" di Dio, di cui scoprirà gradualmente l’amore e i doni e che imparerà ad amare, per ricambiare le sue premure, come si ricambiano quelle di papà e mamma. La fede, ricevuta nel battesimo come piccolo seme, cresce e si fa albero frondoso.

Il cammino della fede dei bambini incomincia così.
Evidentemente l’aspetto religioso dell’educazione del bambino - come si è ripetuto più volte - deve essere intimamente intessuto in tutta la sua esperienza di vita, perché sia autentico e vitale. Anche se esistono momenti tipicamente religiosi, l’essenza della religiosità cristiana è l’amore; e l’amore, per essere autentico deve incarnarsi nella vita. Nell’unità della personalità umana l’esperienza religiosa autentica può svolgere un ruolo di unificazione equilibrante.
È per far ciò che nel faticoso e lento cammino per la "costruzione" della maturità della persona umana - che è il fine dell’educazione - la scoperta progressiva e la maturazione della "novità cristiana" gioca il ruolo del lievito nella pasta.
La pasta lievitata e cotta diventa pane: l’uomo, che vive da figlio di Dio, costruisce la sua maturità umana-cristiana.

Momenti fondamentali del cammino di fede
Nel cammino della fede nessuno è solo: Gesù, che è il fratello maggiore, fa da guida come modello; lo Spirito dà la forza e il Padre ci fa camminare alla sua presenza perché, qualora si cada, sia fra le sue braccia.
La percezione del senso di Dio - così come l’abbiamo descritta precedentemente - è il primo momento personale nel cammino della fede del bambino.
Un secondo momento, nell’età ancora della scuola materna, è quello delle prime manifestazioni di lode, di ringraziamento, di gioia, di stupore e di domanda, in riferimento al Creatore di tutte le cose belle. È questa l’età in cui la preghiera è scoperta, è stupefatta contemplazione delle cose più comuni e più vere: il sole, la luna, le stelle, l’acqua, ecc.
Anche le feste religiose, sia liturgiche che popolari, come anche gli avvenimenti religiosi familiari (battesimo, matrimonio o loro anniversari...) offrono occasioni ricche di spunti per nuove scoperte della vita cristiana.
Un terzo momento è quello della "prima intuizione" del rispetto dovuto alle persone e della suprema legge dell’amore del prossimo.

Non si dimentichi che il cristianesimo è essenzialmente religione dell’amore.
La psicologia dice che è verso i 6-7 anni, in occasione anche della prima esperienza scolastica che il bambino incomincia ad essere capace di cogliere efficacemente, ancora a livello esperienziale, le esigenze degli altri, uguali alle sue, e perciò stimolatrici di una risposta di solidarietà. Diviene capace, per spiegarci con esempi, di capire questa realtà: "quello è un bambino come te: se a te fa piacere una fetta di torta, fa piacere anche a lui; se tu hai sete, può aver sete anche lui...".
Scopre la realtà concreta del "prossimo" e delle sue vere esigenze.
L’amore dei fratelli consiste proprio nel fare questa scoperta e nell’essere capaci di soddisfarla, volta per volta.
Anche il "risveglio" della coscienza morale del bambino trova, in questo momento tipico, un cardine per la sua formazione progressiva, poiché tutto l’impegno morale del cristiano, in qualsiasi età, si radicherà nel rispetto e nell’amore dell’uomo e di Dio, scoperto nella sua immagine più vera, che è la creatura ragionevole.
L’esperienza scolastica, di grande importanza per il bambino, si affianca a quella della famiglia per rendere più valida l’opera formativa.
La preparazione alla prima comunione, che ogni parrocchia realizza per i ragazzi, offre un’ulteriore occasione alla famiglia per una catechesi efficace e ricca sulla persona di Gesù, sugli avvenimenti della sua vita, su quello che egli ci insegna del Padre, dello Spirito santo, della sua chiesa, dei sacramenti... È evidente che nessun genitore può affidare, in esclusiva, ad altri questo momento decisivo per l’educazione cristiana dei figli.
Anzi, tocca proprio alla famiglia fare da guida ai figli nel loro passaggio dall’esperienza di "chiesa domestica", che è la famiglia, alla "chiesa", grande famiglia dei figli di Dio. Infatti, è dall’esperienza familiare che i ragazzi deducono - per analogia naturale - le caratteristiche fondamentali della Chiesa, ed imparano così ad amarla e a sentirsi corresponsabili di essa come della propria famiglia naturale.
Anche l’ingresso nella società civile - fatte le dovute proporzioni - ha bisogno di una iniziazione, che la famiglia dovrebbe curare: non si può diventare corresponsabili della "cosa pubblica" all’improvviso, quasi per miracolo.
Fra il bambino che impara a non calpestare le aiuole pubbliche o a non strappare i fiori, e il cittadino capace di rispettare e di usare bene il denaro dello Stato... c’è un rapporto diretto!
Nessuna famiglia può essere autosufficiente nell’educazione dei figli. L’apertura verso la scuola, la parrocchia e le istituzioni educative, oggi più che mai, è un’esigenza.
La complementarietà è, non solo occasione di confronto, ma anche di arricchimento.
Una famiglia diversa dalla nostra, alcuni amici, dei ragazzi meno dotati, un incontro con genitori di vario livello sociale... offrono spesso l’occasione di scoprire la limitatezza di certe visioni unilaterali della realtà, di alcune esigenze ridicole e la vuotaggine di certi pregiudizi o privilegi di classe.

Anche l’educazione religiosa è permanente
Oggi si parla, sempre con maggiore convinzione, della esigenza di una educazione permanente: l’uomo è sempre educabile, essendo vivo; perciò deve essere sempre educato.
Cambiano le esigenze, le capacità, i mezzi; ma l’uomo ha sempre bisogno di imparare a vivere e ad amare per essere felice.
Anche l’educazione religiosa e morale deve essere permanente.
Quanti genitori pensano che, ricevuto il sacramento della cresima, l’impegno dell’educazione religiosa sia finito per la famiglia.
Se è vero che i figli, ad una certa età, incominciano un certo cammino di graduale distacco dalla famiglia, questa, cogliendo il loro giusto desiderio di crescita e di libertà, deve allargare sempre di più l’area di compartecipazione all’educazione dei figli, ma non cedere il suo compito, che resta ancora valido, anche se profondamente diverso.
La preadolescenza - l’età della scuola media - è tempo di grandi trasformazioni e di verifiche per tutti i ragazzi.
A 12 - 13 - 14 anni è lecito e doveroso fare un primo "inventario" della propria vita, per prenderla in mano sempre di più.
Allora si cercano le motivazioni vere e precise dei comportamenti, l’origine di certe abitudini, anche religiose, e il fondamento delle verità, che sono state insegnate in famiglia e altrove.

È il tempo dei "confronti", delle prime critiche e contestazioni.
L’unico atteggiamento educativo valido, in ogni ambiente e principalmente in famiglia, è quello del dialogo, della comprensione, del rispetto e della pazienza. È lo stile vero dell’autorità, che si fa servizio, nell’amore, per la libertà e la maturazione delle persone, nella loro originalità, progettata da Dio.
Ciò vale anche e soprattutto per la crisi religiosa e morale, che normalmente sorge nei ragazzi di questa età. Offrire loro le occasioni concrete e vitali per una "riscoperta" della religione, per una motivazione nuova dei comportamenti religiosi e morali, senza schemi preconcetti, ma nell’attenzione leale ai valori essenziali, è l’atteggiamento saggio e costruttivo, che i ragazzi attendono inconsciamente da chi dice di amarli e di volerli aiutare a diventare uomini liberi e felici, della libertà dei figli di Dio e della felicità, che è santità cristiana.
Una pratica religiosa formalista, una onestà legale, un rispetto delle tradizioni senza anima, non servono né agli uomini, né a Dio. E poi, oggi, sono di brevissima durata.
Un ambiente sano, un atteggiamento serenamente critico nell’uso dei mezzi della comunicazione sociale (libri, giornali, cinema, tv...), una responsabile partecipazione ai "gruppi educativi", senza creare strutture protettive di "serra", danno alla famiglia, particolarmente in questa età, un contributo decisivo per l’educazione e la maturazione dei ragazzi.
Anche l’età dell’adolescenza e della giovinezza presentano problemi educativi non facili per la famiglia, ma la loro ampiezza e diversità ci impediscono di trattarli qui.
(morandini)