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Cercate il Signore mentre si fa trovare
Benigno Papa Sono contento di intrattenermi con voi per meditare insieme su una tematica caratteristica dell'Avvento, ma che ha anche a che fare con la vostra spiritualità familiare. E desidero prendere proprio spunto di partenza, la considerazione di questo periodo liturgico, che non a caso viene considertato come uno dei tempi forti della vita secondo lo spirito. Il tempo dell'Avvento è il tempo dell'attesa, di attesa fiduciosa e tempo di attesa attiva. Nella celebrazione liturgica dell'avvento risuonano le promesse che Dio ha fatto all'Umanità, alla quale ha promesso la venuta del suo Messia, di Gesù; l'invocazione liturgica più frequente dell'Avvento è adoriamo il Signore che viene per noi. Adoriamo il Signore che viene a salvarci. Siamo dunque in questo periodo dell'Avvento in una attesa. Ma è una attesa fiduciosa, è una attesa che certamente si compie, perché colui che promette è Dio, e le promesse di Dio non deludono mai. Le promesse di Dio trovano sempre compimento, per cui la liturgia della celebrazione eucaristica accentua i temi della fiducia, che è fondata , non solo sulla nostra buona volontà, sui nostri meriti, quanto sulla affidabilità di Dio. Sul fatto che Dio non è come gli uomini. Noi uomini tante volte promettiamo e non manteniamo le promesse. Invece quelo che il Signore Dio lo promette, lo realizza sempre. Attesa fiduciosa ma anche attesa attiva, non una attesa passiva, non dove noi siamo solo in una situazione di accoglienza, ma una attesa attiva nelle quale siamo impegnati. Come, in che cosa? Qual'è l'impegno che la liturgia dell'Avvento ci propone. E' un impegno che si trova egregiamente espresso in un testo di Isaia, cap 55, versetto 6, dove il profeta rivolgendosi ai contemporanei diceva: - Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo mentre è vicino. La maniera attiva con cui noi possiamo vivere questo tempo di Avvento è un tempo in cui siamo chiamati ad invocare il Signore, a cercarlo.
Cercarlo mentre si fa trovare. Invocarlo perché è vicino. Questo modo di vivere, sfocia nella notte santa, nel Natale del Signore: dove la salvezza di dio si fa carne umana nella persona di Gesù, e noi possiamo gioire per questa presenza che da senso alla nostra vita, supera anche le attese e ricolma di grande gioia la nostra anima. Ma l'Avvento non è soltanto un tempo liturgico, non è soltanto una stagione della liturgia della Chiesa. L'Avvento come attesa fiduciosa e attiva, è una dimensione fondamentale della nosta vita cristiana. Son partito con il caratterizzare il tema dell'attesa per arrivare a dire una cosa importante, alla quale non si pensa, e cioè che tutta la vita cristiana, dal battesimo alla morte, è un tempo di avvento, di attesa. In tutta la nostra vita noi dobbiamo invocare il Signore con la preghiera. La preghiera privata e la preghiera comunitaria, liturgica. E dobbiamo oltre che invocarlo, cercarlo. “Cercate il Signore mentre si fa trovare”. Cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Quindi anche quando oggetto della ricerca è non un desiderio qualsiasi, sia pure legittimo, ma è la sua stessa persona. Cercate il Signore. Certamente questa ricerca, non sarà una ricerca vuota. Certamente noi dobbiamo essere consapevoli della libertà di Dio della sua trascendenza. E proprio in considerazione dell'alterità di Dio, che non è un partner della nostra stessa dignità, il tutto Santo.
Un rabbino diceva: - Quando si cerca il Signore a volte lo si trova a volte non si trova. A volte risponde, a volte non risponde. A volte si fa presente da chi non lo cerca, a volte si fa trovare da chi non lo cerca.
Incontrare il Signore non è un gioco fortuito di circostanze e non dipende pure soltanto dalla nostra abilità, dalla capacità esegetica di interpretare i versi della Scrittura Santa. Trovare il Signore è una grazia. Stare alla sua presenza e sapere di essere guardati, sapere di essere da Lui ascoltati, interpellati, è una grazia. Non c'è un rapporto tra causa effetto, tra cercare e trovare. Trovare il Signore non è frutto della nostra ricerca. Trovare il Signore è una risposta di grazia che liberamente il Signore ci da. Nella Sacra Scrittura ci sono tanti episodi che possono essere interpretati e letti come simbolo, come figura del vero cercatore di Dio. La nostra meditazione ci porta su uno dei tanti personaggi che hanno cercato il Signore e che hanno trovato al di là di quanto essi cercavano. Questo episodio è raccontato da Luca 19,1-10. L'episodio di Zaccheo, un amministratore di Gerico che esercitava un mestiere non molto gradito agli ebrei. Riscuoteva le tasse che dovevano pagare ai romani. Era uno dei capi, che erano impegnati in questo ufficio così odioso, ed era considerato da tutti un peccatore. Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando – Gesù – quand'ecco un uomo, di nome zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere Gesù , ma non gli riusciva, a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e per riuscire a vederlo, salì su un sicomoro, perché doveva passare di là. Questi versetti descrivono un uomo che nonostante fosse un peccatore, era un uomo che voleva vedere Gesù.
Nel vangelo troviamo tante persone che vogliono vedere Gesù, non tutte sono animate di buoni sentimenti. Anche i farisei, che rano una setta, volevano spesso vedere Gesù, ma non animati da buoni sentimenti, tante volte per metterlo in trappola, facendogli domande difficili per vedere cosa rispondesse. Sappiamo anche c'era Erode, il tetrarca della Galilea, colui che aveva ucciso il Battista. Anch'egli impressionato dalla fama di Gesù, era animato dal desiderio di vederlo, ma si trattava soltanto da una curiosità. Invece da quello che l'evangelista dice di Zaccheo, il suo desiderio di vedere Gesù era un desiderio vero, autentico. Tanto vero, che pur di realizzare il suo desiderio, prese una iniziativa un po' strana; salì sul sicomoro, sicuro di vedere Gesù passare di là. Era un gesto che per il suo personaggio, lo esponeva al ridicolo, salire su un albero. Però lui era animato da questo grande desiderio.
Il racconto continua così. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: - Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua. E' una frase sorprendente. Quell'uomo sull'albero era soddisfatto di vedere Gesù che passava di sotto, l'avrebbe visto e basta. Gesù alzò lo sguardo e chiamò quell'uomo. Zaccheo, scendi. Quindi Gesù manifesta di conoscere il nome di quell'uomo che aveva il desiderio di vederlo. E gli fa una promessa: oggi devo fermarmi a casa tua. Gesù concede a Zaccheo una cosa molto più grande del suo desiderio, che era solo di vederlo. Devo fermarmi a casa tua; non solo consento che tu mi veda, ma desidero stare con te, fermarmi nella tua casa. Come reagisce Zaccheo, a questo comando, perché Gesù usa l'imperativo. Oggi devo. No, avrei il piacere di venire a casa tua, una espressione di richiesta, fatta di buone maniere, ma un comando: Scendi subito. Perchè quando Dio chiama non bisogna perdere tempo, bisogna subito dare delle risposte. E la risposta di Zaccheo è stata corrispondente al comando di Gesù. Perché Luca dice : - Scese in fretta e lo accolse in casa pieno di gioia. Possiamo immaginare cosa nasconda questa parola, gioia. E la gioia è tanta che egli si rivolse con queste parole: - Ecco, Signore io do la metà dei miei beni ai poveri e se ho rubato a qualcuno, rendo quattro volte tanto. Più di quanto prescrivesse la legge giudaica e la legge romana. Con queste parole, davvero Zaccheo manifesta di essere un uomo giusto: una generosità davvero grande. Gesù gli rispose: Oggi per questa casa è venuta la salvezza. Perché anche lui era figlio di Abramo e il Figlio dell'Uomo era venuto a salvare ciò che era perduto. Il racconto finisce in maniera inversa da come era incominciato. Il racconto era cominciato come un uomo era alla ricerca di Gesù e finisce con il Figlio dell'Uomo che è venuto a cercare, salvare ciò che era perduto. Quasi a dire è vero che tu mi cercavi, ma io, prima ancora che tu mi cercassi, io ti cercavo. Non per vederti ma per stare sempre con te. Ed è per questo che ti ho chiamato dall'albero, è per questo che volevo fermarmi a casa tua: perché con la mia presenza la salvezza è entrata a casa tua. Un episodio che a me piace moltissimo.
Voglio partire da questa ultima affermazione per passare alla seconda parte della meditazione. Dopo aver letto questo episodio la domanda è: quando la salvezza di Dio è entrata nella nostra famiglia? Quando nella nostra famiglia è presente Gesù? Quando Gesù potrebbe dire, come a Zaccheo, oggi è entrata la salvezza in questa famiglia. Dunque la famiglia cristiana è la casa dove Gesù comunica la sua salvezza. E quando Dio è presente ed operante nelle famiglie cristiane e dove può dire: in questa casa c'è la salvezza. La storia di ieri e forse di domani, la storia delle famiglie di ieri e di domani; è una storia che parla delle famiglie in modo molto differente. Voglio ricordarvi che la storia dell'umanità è incominciata con un odio familiare, tra Caino e Abele. La storia conflittuale dell'umanità trova il suo primo peccato nella famiglia. Dove c'è odio non c'è salvezza di Dio. Ma una famiglia è il luogo della salvezza di Dio se, più che luogo di conflitto è luogo di riconciliazione. Nessuno si può scandalizzare se in una famiglia ci sono delle tensioni, dei conflitti. E' normale se qualche volta si abbiano opinioni diverse e che possano nascere divergenze a volte anche conflittualità. In questi termini tutto è normale. Non è normale se dalle divergenze si passa alle separazioni, distruzione del vincolo coniugale che è stato sancito con il sacramento del matrimonio. Perciò la famiglia è il luogo della salvezza quando dalla conflittualità si passa alla riconciliazione. Quando si fa l'esperienza del perdono. E' il primo modo con cui il Signore Dio rende presente nella nostra casa. La famiglia è il luogo di Dio quando i coniugi si amano di un amore vero. E l'amore vero è quello che Gesù ci ha insegnato: non un amore soltanto sentimentale, non un amore interessato. L'amore vero è l'amore gratuito, oblativo. L'amore che sappia volere il bene dell'altro indipendentemente da me. L'amore che va a cercare il bene dell'altro anche attraverso la mia sofferenza, come ha fatto Gesù. La famiglia è luogo di santificazione quando tutta la vita di relazione familiare è regolata dal comandamento dell'amore. Non dobbiamo mai dimenticare quelle parole che Gesù ci ha lasciato, come segno distintivo della nostra identità cristiana. Amatevi gli uni, gli altri come io ho amato voi.
Questo comandamento di Dio che esprime la specificità della nostra condizione umana e vita cristiana, trova proprio nella famiglia, fra marito, moglie, figli, nipoti, dove la vita familiare si identifica nella vita di relazione. Relazione affettiva, senza dubbio, ma una affettività che non si esprima e non si esaurisca soltanto in una soddisfazione egoistica; ma una affettività, che mentre genera gioia, soddisfazione, felicità, è anche una affettività costruttiva dell'altro, che si preoccupa di volere davvero, non soltanto la soddisfazione dei propri legittimi desideri, ma anche di poter sperimentare la gioia e la felicità dell'altro. Quindi, curare bene la vita di relazione familiare: perché la vita di relazione familiare se è animata dal comandamento dell'amore di Dio, è effettivamente luogo della salvezza di Dio. La famiglia è luogo di santificazione e salvezza di Dio quando non è chiusa in sé stessa, ma è alla portata di altre famiglie. Ed è rapportata soprattutto con la famiglia delle famiglie che è la parrocchia.
Uno dei compiti fondamentali della famiglia è quella di essere, come diceva il concilio vaticano II, una chiesa domestica . Però oggi, la famiglia, anche se somiglia ad una chiesa domestica, non è sufficiente per dare ai propri figli, tutta quella educazione cristiana che il tempo esige. E' tanto che la famiglia abbia rapporto con le famiglie, e soprattutto con la famiglia delle famiglie che è la parrocchia. Nella parrocchia si ha la possibilità di trovare quello che una semplice famiglia non può dare. Non perché sia cattiva, non perché sia peccaminosa, ma semplicemente perché una famiglia che è composta da due persone più un figlio, due figli nonsufficiente nell'educazione cristiana. Oggi la trasmissione della fede ha bisogno di contenuti più vari, di un linguaggio diverso, ha bisogno di fare esperienza. E una famiglia chiusa in sé stessa che non abbia rapporto con altre famiglie, non può soddisfare questo problema fondamentale. Uno dei doveri nativi della famiglia è l'educazione. L'educazione cristiana che ha il suo luogo nativo nella famiglia, deve indurre la famiglia ad avere rapporto con le altre, in modo particolare con la comunità parrocchiale. E infine, un raggio ancora più grande, una famiglia è luogo della salvezza di Dio quando è aperta anche ad altre famiglie, che forse non sono cristiane, ma fanno parte della famiglia umana, alla quale noi dobbiamo sentirci legati.
Nella nostra condizione di uomini, non siamo soltanto uniti a coloro che hanno la stessa professione di fede, ma a tutti gli uomini, anche a coloro che non sono cristiani. Dobbiamo avere rappori con tutta la famiglia umana, destinataria della benevolenza di Dio, anche se non sono cristiane. La spiritualità familiare non è soltanto in rapporto all'alleanza cristiana, non soltanto in rapporto al sacramento del matrimonio, che è la sorgente della spiritualità familiare, ma alla creazione umana, con tutto il creato, anche con altre famiglie. Davvero quella della espressione detta da Gesù a Zaccheo: oggi la salvezza è entrata nella tua casa, è una epressione che Gesù è pronto a dire in ogni famiglia.
Laddove entra Gesù, là entra la salvezza. Per concludere vorrei richiamare uno dei testi cardini della spiritualità familiare, che si trova nella Lumen Gentium, nel capitolo che parla della universale vocazione alla santità della Chiesa, cap. V, spiritualità della vita coniugale. Lo fa in questi termini: I coniugi e genitori cristiani, devono con un amore fedele, sostenersi a vicenda nella grazia per tutta la vita.
Ecco un'altra caratteristica della santità familiare, un amore fedele. Non dobbiamo sorprenderci se in una famiglia ci sono conflitti, dobbiamo evitare che i conflitti generino divisioni. Oggi, sapete tutti che la fedeltà, quasi non è considerata più una virtù. Quando io mi trovo dinanzi a coniugi che celebrano il loro 25°, 50° di matrimonio, io gioisco. La fedeltà è possibile. A Zaccheo Gesù disse: Oggi mi devo fermare a casa tua, ma non è oggi che dura 24 ore, ma un oggi che dura tutta la vita.
Termino con questo pensiero. Io sono contento che voi partecipiate all'Ora di Gesù, per pregare per le nostre famiglie e per tutte le famiglie . Questa iniziativa, che oggi si sta diffondendo anche in altre diocesi, sembra veramente sia stat benedetta da Dio. Però io vorrei che L'Ora di Gesù, si identificasse con tutta la vita familiare, tutto il tempo della nostra vita deve essere L'Ora di Gesù. Tutto il tempo che il Signore ci dà di vivere nella famiglia come coniugi, come figli, come fratelli e sorelle deve essere L'Ora di Gesù. Vissuto in un amore fedele e caratterizzato dall'amore con una disponibilità a superare i conflitti con una esperienza del perdono, con l'educazione ai propri figli, con la testimonianza. Così noi trasformiamo tutta la nostra vita ne L'Ora di Gesù. In un'ora caratterizzata dalla sua presenza nella nostra vita, tutti i giorni, non solo per un'ora, fino a quando lui vorrà lasciarci su questa terra, per poi portarci in Paradiso, dove saremo di fronte a lui tutta l'eternità.
Benigno Luigi Papa Vescovo emerito di Taranto
Ritiro per L'Ora di Gesù
Casa S Paolo - Martina Franca 9/dic /2012
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