Gesù Eucarestia
"…Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimore in me e io in lui….. la mia carne è vero cibo, il mio sangue vera bevanda…. Chi mangia di me, vivrà per me…", è l’invito a nutrirsi di Lui, è l’invito a partecipare al banchetto della vita eterna il cui cibo è Dio stesso fatto nostro pane e nostra bevanda perché noi possiamo rimanere, dimorare, essere e vivere in Lui.
Tutta la Sacra Scrittura ci parla di questo convito ed Essa stessa viene presentata agli uomini come elemento di questo banchetto in quanto cibo spirituale, infatti "l’uomo non vive soltanto di pane, ma… di quanto esce dalla bocca del Signore" (Dt 8,3).
L’ Eucaristia è la sintesi e l’apice di quanto il Padre ha voluto realizzare creando gli uomini e chiamandoli alla comunione con sé per mezzo del Figlio nello Spirito Santo. Agli inizi aveva donato ad Adamo il suo giardino perché si nutrisse dei suoi frutti riconoscendo in essi il segno del suo amore paterno.
In tutte le culture e in tutte le epoche il mangiare, soprattutto il mangiare insieme, ha una portata sacrale che va al di là della realtà della consumazione del cibo, del nutrirsi, per cui si parla del banchetto, del convito di un sacramento primordiale naturale, cioè di un segno profondo e misterioso di una realtà spirituale che è insita intrinsecamente nell’esperienza umana del mangiare insieme. Cioè dietro l’aspetto materiale del mangiare insieme c’è la ricchezza di un’esperienza umana che ha le sue risonanze spirituali e che trova la sua pienezza di espressione e di significato nel banchetto eucaristico.
Il convito, il banchetto infatti è realizzazione storica di quell’aspirazione profonda alla comunione con gli altri, nella pace, nella gioia della festa che è presente nel cuore di ogni essere umano. Il mangiare e bere insieme è sacramento naturale di pace, di amore, di fratellanza, di gioia.
Non c’è povero che mangi in modo diverso quando fa festa perché è nata una nuova vita, o si sta formando una nuova famiglia, o semplicemente per accogliere un amico, in certi paesi anche la morte di un parente diventa occasione di un convito rituale.
Nella Sacra Scrittura questo gesto del mangiare, spesso in luoghi deserti, è legato alla vita del popolo peregrinante nel deserto dove Dio sfamò il suo popolo con la manna (Es 16), o al cammino del profeta verso il monte di Dio (Elia . 1Re 19,5).
Gesù annunciava la salvezza del Regno invitandosi a pranzo. Amava sedersi a pranzo con i peccatori, con gli emarginati con gli ultimi, con le prostitute (Zaccheo Lc 19,5-9).
Troviamo Gesù ancora a mensa a casa di Marta, Maria e Lazzaro a Betania dove riceverà l’unzione del nardo profumato da parte di Maria.
Ma Gesù non frequentava solo le mense dei peccatori e degli amici, si fermava a pranzo con tutti, anche con i farisei. (Lc 7,36)
E quando giungerà l’ora di tornare al Padre, come gesto di commiato Gesù sceglierà ancora una volta la cena, l’Ultima Cena, continuando anche dopo la resurrezione ad invitarsi a mensa con i discepoli di Emmaus, nel cenacolo chiederà agli Apostoli se hanno qualcosa da mangiare.
E per finire parlando della realtà che ci aspetta in quel posto che Lui ha preparato per ciascuno di noi presso il Padre ci cadetto che li sarà grande festa e un grande banchetto dove mangeremo e berremo alla sua mensa e sarema serviti da Lui stesso. (Mt 8,11; Lc 13,29; 12,37; 22,27).
L’altare delle nostre mense eucaristiche è la tavola dove s’incoricano le nosre strade. E’ il punt odi arrivo dei tanti zacchei e mattei, figli perduti sui sentieri del mondo e della storia, ma anche il punto dove è già arrivato il Padre buono e misericordioso, che attende e perdona, e che prima di sentire le scuse e le promesse ti getta le braccia al collo.
Qui tutto è gratis, non si paga niente. L’unica condizione per trovare posto a tavola è avere fame e sete. Fame e sete di verità, di pace, di amore vero, fame e sete di nuovi rapporti con Lui, con i fratelli, con noi stessi, con la nostra storia, con il mondo. Esclusi rimangono soltanto gli occupati in altre faccende, legate alla scena di un mondo che passa.
Al banchetto di Dio tutto è gratis, fuorché l’esibizione della propria povertà, il riconoscimento della propria impotenza, del proprio peccato. Questa è l’unica condizione perché la ricchezza che il Padre è disposto a darci in sovrabbondanza si riversi su di noi e sul mondo.